Giugno 22, 2019

Il pozzo diventa un meraviglioso viaggio

[a proposito de “la fune nel pozzo”]
Non so se ho le capacità giuste per poter giudicare un pezzo così articolato, ma mi riporta a scenari letterari che trovo interessantissimi.

Il pozzo è meraviglioso, c’è uno scrittore, pazzo come te, che si chiama Haruki Murakami, che in quasi tutti i suoi libri mette un pozzo o il pozzo… scegli tu. Tra l’altro lui è un grande intenditore di jazz, gestiva in gioventù un jazz club, e nei suoi libri cita spesso compositori e brani che fanno un po’ da colonna sonora alle sue storie.

Il pozzo, che come tu ben sai si presta a molteplici metafore e per questo spesso agevola la descrizione di emozioni e tutte quelle faccende interiori difficili comunque da spiegare, ha già nella sua struttura qualcosa di magico perché è un contenitore ed i contenitori hanno tutti un certo fascino. Anche noi siamo dei contenitori, conteniamo noi stessi. La possibilità di cadere in un pozzo ci spaventa, ci terrorizza.

Perché? Perché è buio, perché è freddo, perché è costituito, circondato, ristretto da grosse pareti in pietra o in mattoni (in quelli più antichi) o in cemento armato (in quelli più moderni forse). Pareti che sono comunque mutate nel tempo. Così come anche il fondo -che rappresenta ovviamente il nucleo, il cuore del pozzo- viene modificato nel tempo e dal tempo.

Se guardi da giù c’è uno spiraglio, una via di fuga circolare visibile solo con la luce del giorno e lontanissima da noi. La strada, che conduce all’uscita, alla salvezza, è sempre in salita. Quanto ci somiglia un pozzo? E se attraverso un pozzo noi potessimo raggiungere il nostro nucleo?

Immaginiamo di caderci dentro: superata la fase di panico iniziale, non ci resta che poggiare la schiena alla parete ed il sedere sul cuore. Ad un certo punto, quando ormai ci sentiamo spacciati, da quel fondo compare una porta e noi la apriamo. Increduli e spaventati dobbiamo scegliere se andare o restare. Andiamo.

Entriamo in un’altra dimensione, parallela a quella reale, o meglio, a quella che noi riteniamo reale. Ci avventuriamo in strade sconosciute ed incontriamo personaggi strani mai visti prima. In quel cammino noi abbandoniamo le nostre pareti, abbandoniamo la sensazione claustrofobica dovuta alla ristrettezza che ci portiamo addosso ed entriamo nel nucleo. Qui, ci ritroviamo come eravamo da bambini, quando tutto era più naturale e semplice, quando eravamo veri e non ancora contaminati da influenze sociali stupide e grette. Se non avessimo raggiunto il fondo del pozzo saremmo mai riusciti ad entrare nel nucleo? Avremmo mai affrontato quella porta? La risposta è no. Dunque, ecco che il pozzo diventa un meraviglioso viaggio.

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